Notevoli scoperte paleontologiche sono state effettuate da un gruppo di antropologi del Museo Nazionale di Storia Naturale dello Smithsonian (insieme ad altri collaboratori). I ricercatori hanno scoperto vari utensili che provano che le prime popolazioni dell’Africa orientale, che risiedevano in questa zona circa 320.000 anni fa, erano solite commerciare con le tribù distanti. Inoltre è stato scoperto che queste popolazioni utilizzavano pigmenti colorati e costruivano strumenti relativamente sofisticati, di sicuro più complessi di quelli degli esseri umani della prima età della pietra.

 

 

Si tratta di uno spostamento storico considerevole, di decine di migliaia di anni, per quanto riguarda le prove relative a intensi scambi sociali tra le prime tribù di umani, come indicato dagli studi pubblicati il 15 marzo su Science. Le scoperte sono state effettuate nel bacino di Olorgesailie, a sud del Kenya, che tra l’altro può vantare una copertura, a livello archeologico, di oltre un milione di anni della storia evolutiva degli esseri umani, segno del fatto che questa zona ha da sempre rappresentato un luogo in cui gli umani si sono stanziati e di cui hanno fatto la propria casa.

 

 

Proprio l’intensificarsi delle relazioni sociali, rappresentate essenzialmente dallo scambio di manufatti, rappresenta un insieme di comportamenti molto sofisticato e complesso, che può essere considerato come un punto di partenza per la nascita dell’attuale società umana. Si è trattato comunque di una ricerca durata molti anni: già dal 2002, Rick Potts, direttore del Museo nazionale di storia naturale, Alison Brooks, professoressa di antropologia presso il Centro per lo studio avanzato di paleobiologia umana della George Washington University, ed altri hanno cominciato, insieme alle loro squadre, ad intensificare il livello di ricerca nella zona del bacino di Olorgesailie ottenendo risultati notevoli. Alcuni degli strumenti ritrovati sono risalenti ad oltre 320.000 anni fa e dimostrano un’accuratezza nella costruzione che ha colpito gli stessi ricercatori, erano progettati in modo da poter essere attaccati ad un pozzo o ad una parete mentre altri si rivelano essere veri e propri proiettili.

 

 

I ricercatori hanno inoltre scoperto varie rocce nere e rosse, prova del fatto che queste popolazioni utilizzavano anche materiale colorante. A proposito di coloranti, Potts specifica che “Non sappiamo per cosa sia stata usata la colorazione, ma la colorazione è spesso considerata dagli archeologi come la radice della complessa comunicazione simbolica. Proprio come il colore viene usato oggi nell’abbigliamento o nelle bandiere per esprimere l’identità, questi pigmenti possono aver aiutato le persone a comunicare l’appartenenza alle alleanze e mantenere i legami con gruppi distanti”.

 

Fonte e link: https://notiziescientifiche.it

 

 

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