Allevamenti di bovini nel Kenya meridionale.



Per una volta tanto si dimostra che gli effetti degli esseri umani su un ambiente possono essere molto positivi. È il caso dei paesaggi africani, alcuni dei quali molto più fertili del normale.

Secondo uno studio apparso su Nature sono i pastori, in determinati e precisi punti di alcune zone africane, a rendere il terreno così fertile e adatto per la vegetazione grazie proprio agli escrementi prodotti dagli animali allevati, come specifica l’antropologa Fiona Marshall, autrice dello studio, secondo cui questi impatti positivi possono durare, per migliaia di anni: “La longevità di queste zone fertili dimostra la sorprendente eredità a lungo termine di antichi pastori i cui bovini, capre e pecore hanno contribuito ad arricchire e diversificare i vasti paesaggi della savana dell’Africa nel corso di tre millenni”.

Analizzando immagini satellitari e le sostanze nutritive del suolo e prendendo in considerazione alcune zone del Kenya, i ricercatori si sono dunque convinti che è stata proprio l’attività della pastorizia a rendere terreni sostanzialmente brulli e con poche possibilità di vita a livello di vegetazione, dato il bassissimo contenuto di nutrienti, a poter vantare moltissime sostanze nutritive nel suolo che hanno poi rivestito il ruolo di concimati naturali per la vegetazione.

Ciò sarebbe avvenuto nel corso di 2.000-3.000 anni, durante i quali le savane del Kenya sudoccidentale hanno visto il transito regolare di gruppi di pastori nomadi che spostavano i loro campi alla ricerca di pascoli più verdi. Questi animali venivano tenuti insieme in piccoli recinti di forma ovale all’interno degli insediamenti. Il letame si ammassava in questi recinti, punti precisi in cui sostanze nutritive cominciavano ad accumularsi. Dove erano stati innalzati questi recinti si sono dunque create vere e proprie nicchie ambientali fertili e stabili, fonte di sostentamento tra l’altro per altri animali selvatici.


 


Schema del ciclo allevamento-recinti-escrementi-punti fertili scoperto dai ricercatori.

 

Fonte e link: https://notiziescientifiche.it

 


 

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