Al culmine della guerra fredda il Pentagono avviò un rischioso programma spaziale. I dettagli sono stati diramati soltanto ieri, dopo che il National Reconnaissance ha declassificato 825 documenti ufficiali relativi allo sviluppo dei programmi militari spaziali. Alla fine del 1960, l’Air Force riuscì a sviluppare una piattaforma orbitale in grado di scattare foto dell’Unione Sovietica con un dettaglio senza precedenti. Ma quel gigantesco satellite (lungo poco meno di 25 metri) era stato progettato anche per ospitare due spie a bordo.

 

 

Il “Manned Orbital Laboratory” è stato progettato per trasportare un equipaggio di due astronauti militari, che avrebbero vissuto a bordo della navicella durante le missioni di 40 giorni a centinaia di miglia nell’orbita terrestre. Dotato di potenti telescopi e di un radar, avrebbe potuto rilevare ogni cosa stesse accadendo nell’URSS. Il “MOL” è ancora oggi custodito negli hangar dell’Air Force. Enorme, imballato. All’epoca, completato il suo sviluppo, divenne anche un incubo. Se fosse stato rilevato, la reazione sovietica avrebbe potuto scatenare un conflitto nucleare. Quando Nixon annullò il programma, nel 1969, il programma MOL aveva già inghiottito 1,5 miliardi di dollari (dieci miliardi di oggi) ed avrebbe preteso il 17% dell’intero budget annuale dedicato alla ricerca dell’Air Force per molto tempo.

 

 

Si legge in un memorandum del 1968. “Il MOL potrebbe limitare altri progetti classificati con altissima priorità per l’Air Force”. Nonostante il programma fosse stato annunciato nel 1963, l’esistenza dell’astronave è stata nascosta per 50 anni e svelata soltanto poche ore fa. Lanciato con un razzo Titan, il MOL sarebbe stato alimentato da celle solari. La durata massima di una missione era di 40 giorni. L’equipaggio si sarebbe servito di una capsula di rientro (costruita) per ritornare sulla terra. Il MOL, infatti, sarebbe stata la “prima stazione spaziale segreta” della storia. Secondo i documenti declassificati, si apprende che il MOL sarebbe entrato in servizio dal 1970 per sette missioni già calendarizzate. Le prime due sarebbero servite per testare tutti i sistemi. Dalle terza in poi, sarebbero iniziati i monitoraggi sul territorio sovietico. Nel 1966, un razzo Titan decollò dal Cape Canaveral trasportando proprio un mock-up del MOL. In tutte le valutazioni effettuate in quegli anni, però, era palpabile il terrore di una rappresaglia sovietica qualora il MOL fosse stato scoperto. Scriveva il segretario di Stato Dean Rusk in una nota confidenziale inviata al Segretario alla Difesa McNamara nel 1965: “E’ probabile che potremmo incontrare problemi di natura politica, forse di notevole difficoltà, se il MOL venisse identificato”.

 

 

Da rilevare che già nel 1963, le Nazioni Unite avevano approvato una risoluzione che vietava la militarizzazione dello spazio. Tra i primi firmatari Washington e Mosca. Il MOL, però, era tutto ciò che gli americani avevano affermato di non creare. Scriveva Robert Kranich, funzionario di controllo degli armamenti del Dipartimento di Stato nel gennaio del 1966: “Se i sovietici scoprissero il MOL, potrebbero sfruttarlo per screditare la politica americana. Il MOL non dovrà mai comparire sulla scena, dovrà essere protetto dall’opinione pubblica”. La mancata entrata in servizio del MOL è stata causata più dalle nuove tecnologie a terra che dalla paura di sconvolgere l’equilibrio mondiale. Fino a pochi anni fa, il divario temporale tra la tecnologia in possesso dei militari e quella nota ai civili era stimato in 25/30 anni. Forse, il divario è oggi ancora più marcato di quanto si possa immaginare.

di Franco Iacch - 31/10/15

Fonte: http://www.difesaonline.it

 


 

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