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Nel lontano 2000, l’ingegnere aerospaziale Roger J. Shawyer ha sviluppato questa tipologia di propusore per la società Satellite Propulsion Research LTD. Solo oggi la notizia sta facendo scalpore dopo le conferme della NASA e di vari articoli che sostengono possa creare “energia dal nulla” contro le normali leggi della fisica, scatenando la felicità di chi ha sempre sostenuto che i governi ci nascondono il segreto per l’energia infinita. Su Internet sono disponibili paper scientifici in inglese e riassiunti dello stato dell’arte, partendo da alcuni importanti test effettuati in Cina nel “lontano” 2010.

Cosa distingue questo Emdrive rispetto ai normali propulsori?

Facciamo prima di tutto una precisazione: stiamo parlando di propulsori che funzionano nello spazio e quindi nel vuoto senza attriti, sarebbero quindi inutili ed inefficienti sulla terra. Per esempio, con 2,5kw di potenza hanno generato una spinta di 720mN, ovvero 0.07kg. Capite che una piccola auto elettrica con 2,5kw riesce a muoversi almeno ai 20 all’ora, ma con un motore del genere non si muoverebbe di un millimetro. Nello spazio invece, un auto elettrica non farebbe un millimetro, mentre questo propulsore potrebbe spostare agilmente una navicella spaziale.

Esistono diversi tipi di propulsori pensati per lo spazio, dai normali razzi, ai getti di aria compressa, ai getti di gas ionizzati (propulsione ionica). Tutti questi sistemi sono comunemente usati su sonde, satelliti o nell’ormai in pensione Space Shuttle.

Il problema di questi propulsori è l’utilizzo di un certo tipo di carburante (miscele combustibile-comburente, aria compressa, gas etc..) che prima o poi finirà, quindi considerando viaggi spaziali a lunga percorrenza, il limite è posto dalla quantità di carburante immagazzinabile. Più carburante più peso, più peso più è costoso e pericoloso il lancio. Tutte cose controproducenti.

Prendiamo invece il nostro EmDrive: pare che riesca, sfruttando semplicemente l’elettricità, a generare una debole (per noi sulla Terra) spinta, mentre nello spazio ha una forza sufficiente a spostare un oggetto. Non servono carburanti di nessun tipo, solo e semplicemente elettricità! Normalmente vengono utilizzati nello spazio efficientissimi pannelli solari (il Sole non è schermato dall’atmosfera come sulla Terra) oppure anche piccoli reattori nucleari, in grado di produrre elettricità per tempi lunghissimi. Quindi il problema combustibile potrebbe considerarsi risolto, sviluppando e perfezionando questo tipo di propulsione.

Ma come funziona nel dettaglio?

A novembre 2010 l’Accademia delle Scienze cinese, pubblica i suoi risultati dei test con 2,5kw di energia ad una frequenza di 2,45Ghz (molto simile come potenze e frequenza ad un normale microonde!) il funzionamento del sistema è questo:

 

 

molto banalmente, abbiamo un magnetron (un risuonatore che genera onde alla frequenza voluta come nel microonde) e le manda all’interno di una guida d’onda, ovvero un imbuto metallico con lo scopo di concentrare queste onde verso una singola direzione. Tanto è bastato per ottenere, nel vuoto, una spinta di 720mN.

Gli scienziati hanno trattato con scetticismo questo motore perché non c’è apparentemente un principio di azione/reazione: se dagli ugelli sparo un gas, questo si allontana da me e mi spinge nella direzione opposta. Ma se effettivamente tutto avviene all’interno del motore senza emissioni? Dovrebbe violare la legge di conservazione del momento. In realtà, spiega Shawyer (l’ideatore), non c’è alcuna violazione delle leggi attuali della fisica.

Consideriamo una pallina da biliardo che colpisce un’altra pallina in quel momento ferma: la pallina in movimento nel caso migliore si ferma e la pallina che non si muoveva prende a muoversi ad una velocità simile a quella che l’ha colpita. Questa si chiama conservazione del momento. Le onde elettromagnetiche (radio) possiamo considerarle composte da minuscole “palline” chiamate fotoni. Questi tuttavia hanno massa zero, quindi teoricamente non c’è alcun momento da conservare. In realtà però, i fotoni trasportano un momento, calcolato dividendo l’energia del fotone per la velocità della luce ( quindi q=e/c ). L’energia del fotone si calcola moltiplicando la sua frequenza (nel nostro caso 2,45Ghz) per la costante di plank.

Ma i fotoni escono dalla guida d’onda e non hanno nulla con cui scontrarsi e si propagano nello spazio vuoto, come possono creare una spinta?

 

 

In realtà la guida d’onda ha questo nome perché fa convergere tutti i fotoni (in rosso) verso la stessa direzione, quindi essi collidono con la parete della guida d’onda trasferendo parte del momento che diventa l’effettiva spinta del motore (in blu). Vista la forma della guida d’onda, con le varie collisioni la spinta totale sarà sbilanciata verso una direzione in particolare rispetto all’altra.

Tuttavia, la conservazione del moto ci insegna che se un sistema è chiuso e nulla se ne esce, il bilanciamento totale delle forze lo mantiene comunque immobile. Un pò come salire su una barca a vela e tentare di muoverla soffiando sulla vela.

Shawyer afferma (e questo punto è cruciale per dimostrare al 100% il funzionamento del motore nei prossimi test) che la spinta generata non va ricercata nella meccanica tradizionale ma nella meccanica a velocità relativistiche, ovvero prossime alla velocità della luce (la velocità appunto dei fotoni!) in questa situazione, le due placche metalliche alle estremità non possono essere considerate come un sistema singolo di un unico corpo, ma come due sistemi differenti in quanto le collisioni avvengono a velocità differenti!

Perché? Perché la velocità della luce è costante, sempre. Mentre nel caso delle due placche di chiusura alle estremità del cono troviamo la placca rivolta verso il retro della navicella che si muove verso i fotoni, ed invece la placca frontale si allontana da essi (per via del movimento della navicella durante il suo viaggio).

C’è da sottolineare che la tipologia di propulsore testato dalla NASA è un modello sviluppato da Cannae, che invece della forma conica sfrutta un cilindro con ai due lati pareti di un materiale con coefficiente di riflessione differente. Shawyer ha commentato che questo tipo di motore è inneficiente rispetto al suo progetto originale.

Abbiamo quindi un probabile ed efficiente (nello spazio) propulsore, semplice ed economico da costruire rispetto ad altri sistemi, che comunque è perfettamente in accordo con le leggi attuali della fisica.

Ci tengo a precisare che attualmente nonostante i risultati positivi dei test la comunità scientifica è ancora scettica ed in attesa di conferme ed altre repliche. L’approccio scientifico spinge a fare molte verifiche prima di urlare “Eureka!” proprio per essere sicuri di non prendere cantonate. Possiamo permetterci comunque di essere positivi riguardo questo progetto, viste le numerose realizzazioni attualmente testate.

Un paper ufficiale di Shawyer lo trovate in inglese qui. Qui trovate invece i dettagli sul Cannae Drive.

(NOTA: molti esperti sono ancora molto scettici riguardo questo tipo di propulsore )

Riccardo Maestri

Fonte: Passionescienza.it

 


 

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