Secondo quanto ufficializzato dal gruppo di studi dello U.S. Army’s Combat Capabilities Development Command, entro dieci anni l’esercito americano potrà vedere integrato nel proprio apparato militare i primi arruolamenti costituiti da personale metà uomo metà tecnologia. È stato declassificato, infatti, il rapporto segreto intitolato “Cyborg Soldier 2050: Human-Machine Fusion and the Implications for the Future” del Dipartimento della Difesa. Tale rapporto è stato redatto dal DoD Biotechnologies for Health and Human Performance Council, responsabile dello sviluppo nel settore della biotecnologia militare. I punti chiave fanno riferimento ai progressi tecnologici che hanno portato alla straordinaria evoluzione del tradizionale soldato in “cyborg”. I miglioramenti all’imaging, ovvero alla vista, hanno creato addirittura una nuova coscienza oculare, il restauro e controllo muscolare programmato attraverso un sensore web di bodysuit optogenetico, il miglioramento uditivo per la comunicazione e quello neurale che vede il trasferimento di dati bidirezionali direttamente nel cervello umano mediante innesti tecnologici. Il gruppo scientifico ha affermato che proprio questo sviluppo neurale sarà in grado di rivoluzionare il combattimento e le operazioni militari future. in una sintesi del rapporto si legge:
“Questa tecnologia è prevista per facilitare la capacità di lettura/scrittura tra uomo-macchina e tra uomo-uomo attraverso le interazioni cervello-cervello”. Tali comunicazioni consentirebbero ai soldati, in teatro di guerra, di poter interagire direttamente con apparati tecnologici senza pilota, autonomi ed anche con altri esseri umani. Tutto ciò andrà ad ottimizzare i sistemi e le operazioni di comando e controllo.”
Inoltre sono state valutate le ricadute positive e l’impatto sulla società civile per i prossimi trent’anni. Sebbene la percezione di una solida bioeconomia sia sempre più evidente vista già la crescente domanda anche nel settore non militare, le preoccupazioni e le riflessioni oltre i benefici non sono mancati, infatti gli scienziati hanno enunciato sette punti fondamentali da dover affrontare per l’utilizzo e metabolizzazione del nuovo mondo cyborg.

I sette punti chiave.
Il Biotechnologies for Health and Human Performance Council ha lavorato a tale progetto interrogandosi contemporaneamente sulle numerose problematiche etiche e morali e sui punti che il Pentagono dovrebbe seriamente prendere in considerazione. Il primo si è concentrato sui fattori globali di una nuova percezione della vita e sull’importanza per i militari di poter aumentare le prestazioni della macchina umana. La seconda ha investito i fattori d’interoperabilità tra le forze alleate durante le operazioni e la necessità di stimolare il contraddittorio dei politici in ambito NATO sugli eventuali benefici dell’utilizzo dei cyborg. Il terzo punto riguarda le perplessità del comitato in materia di sicurezza e la necessità d’inquadrare il sistema legale adatto a garantire l’etica e la privacy delle persone. Il quarto punto cita testualmente che l’impegno dei futuri leader militari dovrà protendere ad invertire le “narrazioni culturali negative delle tecnologie di potenziamento”. Ovvero tramutare quello che è stata considerata fantascienza di un futuro tecnologico distopico in realtà, annullando l’impatto di diffidenza e paura che il mondo potrebbe avere dall’impiego dei cyborg nel quotidiano. Il quinto punto sollecita il Pentagono all’utilizzo dei War-Games per analizzare sul personale militare i risultati delle biotecnologie asimmetriche e valutarne strategie, operazioni e tattiche. Il sesto punto è un’analisi sulla capacità commerciale di Pechino e sui benefici che la sua economia ha comportato per il dipartimento della Difesa. In virtù di ciò è stata illustrata la necessità di dover lavorare per facilitare l’inserimento nella società civile dei cyborg, affinchè negli USA la ricaduta economica, anche in tale settore, non sia inferiore a quella cinese. L’ultimo punto affronta il problema della sicurezza per l’utilizzo a lungo termine della tecnologia e l’impatto sulla società civile. Il comitato scientifico non nasconde le perplessità e le difficoltà che si dovranno intraprendere di un attenta e continua policy di monitoraggio su l’applicazione di questa nuova generazione cyborg. Infine, è stato spiegato però che i risvolti saranno più che positivi sulla qualità della vita in quanto, il ripristino di qualsiasi funzionalità causata da patologie o traumi sarà perfettamente possibile senza alcun problema. In realtà, sebbene lontano, invisibile e spaventoso il mondo cyborg è qui da tempo, infatti la cultura del bio-hacking è praticata già da diverse categorie di persone, anche del settore accademico, desiderose di sperimentare nuove possibilità e frontiere all’interno dei propri corpi.

Cos’è il biohacking.
Tale fenomeno è inquadrato da molti come Biology DIY, ovvero Do It Yourself, una sorta di movimento sociale basato sulla biotecnologia o biologia fai da te, nel quale singoli individui hackerano il proprio corpo e ne studiano gli effetti di chip e tecnologia. Diverse categorie come il Grinder legato all’alterazione cibernetica, la Nutrigemica dedicato alla nutrizione per il controllo della biologia umana, il Quantified-self incentrato sui biomarcatori ed Self-experimentation, sono già parte della società civile ed i progressi, sebbene non ancora regolamentati, si evolvono in maniera impressionante. Sperimentazioni celebri videro in passato l’impiego del chip RFID, identificazione a radiofrequenza, nel braccio di un professore ed ingegnere Coventry University. Altri chip magnetici Nfc (Near Field Communication) e Bio-Therm sono stati impiegati e sperimentati nello Utah per il monitoraggio della temperatura, apparentemente con risultati positivi. Il mondo cyborg è davvero presente ed importante sarà il lavoro sulle ”garanzie e tutele della vita e dignità umana nel contesto internazionale”, per scongiurare il controllo tecnologico dell’intelligenza artificiale sull’uomo.

Fonte: https://it.insideover.com

 

 

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