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Abbiamo visto quanto il concetto di lavoro di squadra debba basarsi su 4 pilastri imprescindibili. Adesso serve capire il valore assoluto di avere l'uomo giusto al comando.

Esemplificando, vorrei mettere a confronto due figure dello stesso reparto militare: i generali LeMay e Warden dell'USAF.

 

 

John Warden è stato uno dei soldati più importanti della seconda metà del 20° secolo. Fu tra gli ideatori e sviluppatori di Checkmate, una struttura di studi tattici e strategici avanzati all'interno della più grande macchina da guerra della storia del mondo: l'aeronautica degli Stati Uniti.

Pianificatore della campagna aerea di Desert Storm, ha riformulato il concetto stesso di combattimento e bombardamento aereo, adattandolo alle tecnologie stealth, di posizionamento globale, di guerra elettronica, di SEAD (Suppression of Enemy Air Defences). I suoi metodi di pianificazione sono studiati in ogni accademia aeronautica del mondo.
 
A detta di chi lo ha conosciuto personalmente è uomo di eccezionale intelligenza bellica. Dotato di straordinarie capacità analitiche, ampiamente dimostrate in oltre 30 anni di servizio, e poi al comando di una struttura di eccezionale importanza bellica, è andato in pensione alcuni anni fa con il grado di colonnello, quando si ipotizzava per lui quantomeno un comando di stato maggiore, se non addirittura altro. Alcuni si sono domandati "come mai" (tra gli altri anche Tom Clancy).

Chi lo ha conosciuto "sul campo", racconta della sua incapacità di comprendere il valore della gerarchia: non ne capiva l'intrinseca importanza gestionale. Durante le sue conferenze si dice usasse frasi come "se solo lei potesse capire... cerchi di seguirmi... mi permetta di spiegarle...", compresi i suoi superiori. Qualsiasi struttura gerarchica (militare ma, secondo me, non solo) non funziona in questo modo. 

"Se sono un tuo superiore spiegami nel modo più semplice e diretto le cose che hai in mente, e io ti dirò di procedere o di fermarti. Se invece sono un tuo sottoposto spiegami nel modo più semplice e diretto cosa vuoi che faccia. Se ne avrò bisogno ti chiederò di dirmi come e per quando". Tutto qui.

Per quanto uomo geniale, Warden non comprese che questo suo modo di agire dapprima lo enucleò dalla struttura operativa e poi, di fatto, gli stroncò la carriera. Non seguendo le procedure e la catena di comando si rese sostanzialmente "invisibile": diventò quella che si definisce "una divisa vuota".

Ancora una volta, ricordiamolo: gerarchia, disciplina, addestramento, e la conseguente motivazione, sono strumenti, sono moltiplicatori di forze, non sono catene e/o vincoli.

 

 

Curtis LeMay è stato il militare più importante del 20° secolo, e forse non solo. Comandante di armata aerea in Europa prima e nel Pacifico, insieme al maresciallo britannico Harris pianificò la distruzione della Germania e poi, da solo, quella del Giappone. Il suo metodo era matematico e relativamente semplice: dato un certo numero di bombardieri, con una data capacità di carico e del tipo di munizionamento, serve un "x" numero di missioni per distruggere un determinato numero di chilometri quadrati di territorio nemico. Missioni che dovevano essere eseguite. Tutto qui.

Parlava pochissimo. Di solito annuiva o emetteva una specie di grugnito se non era d'accordo con chi stava esponendo i dati. La sua mente era iper concentrata sui risultati ottenuti e da ottenere. Le perdite rientravano nella pianificazione già contemplata. Questo probabilmente lo rese il comandante più odiato dai suoi piloti nella storia dell'aeronautica mondiale.

Si sa di una sola volta in cui formulò un discorso di qualche secondo (ne parlò Robert McNamara, che era un ufficiale del suo staff). Un pilota a cui era stata abbassata la quota di bombardamento, durante un debriefing, chiese chi era l'idiota bastardo che aveva dato l'ordine. Durante la missione aveva perso due uomini colpiti dalla contraerea, diventata a quella quota micidiale. Nel silenzio siderale che calò nella sala si udì "Sono stato io. I dati delle precedenti missioni dimostrano che non stiamo distruggendo le strutture del nemico: siamo troppo imprecisi, sganciamo da troppo in alto. Bisogna scendere. So benissimo quello che questo comporta, ma bisogna farlo. Domani il suo aereo lo piloterò io, e lei mi farà da secondo. È tutto".

Anche se nessuno sentiva quasi mai parlare il gen. LeMay, tutti sapevano perfettamente chi era e cosa voleva: l'esatto contrario del gen. Warden.

Finità la guerra, al gen. LeMay fu affidata la creazione del SAC (Strategic Air Command), la cui missione era la distruzione dell'URSS ieri, e di tutti i potenziali nemici degli USA oggi. Era sicuramente l'uomo giusto per questo.

Per un certo periodo fu operativamente l'essere umano con il più grande potere di vita e di morte mai esistito (e J.F.K. ne sa anche lui qualcosa, temo).

Nella mia vita (militare e civile) ho avuto l'onore e il privilegio di essere agli ordini di eccellenti comandanti. Nessuno di loro è stato mio amico. Forse è stata una fortuna, ciò che in alcuni contesti ha fatto la differenza.

Un comandante comanda. E basta. Di te sa tutto (quello che gli interessa sapere ovviamente), ne tiene conto, ma ha un unico scopo e una sola motivazione: portare a termine la missione, l'incarico che gli è stato assegnato.

Un comandante che sa fare il suo mestiere si e ti salva la vita, anche se non sarà mai tuo amico. Ce ne faremo una ragione.

Alessandro Magno era venerato quasi come un dio dai suoi soldati, un concetto parecchio differente. Straordinario stratega, sapeva usare la falange come e meglio di suo padre Filippo, suo inventore, unendo ad essa la cavalleria che lui stesso comandava. Lo faceva in modo assolutamente visibile, dando sempre l'esempio. A volte fin troppo.

La sua aura di semidio permetteva relazioni assolute coi suoi uomini, pur sapendo che per questa ragione doveva essere lui sempre davanti, il primo combattente. Voleva il massimo e dava il massimo. Nonostante la sua leggendaria grandezza, dopo 12 anni di campagne pressoché continue, Alessandro cadde vittima del suo stesso ardimento. La sua caduta dovrebbe essere studiata tanto quanto le sue vittorie, perché in essa sta una lezione importantissima: bisogna capire molto velocemente quando ritirarsi e riconsiderare sia la cosa più intelligente da fare, prima che gli eventi prendano il sopravvento sulle nostre decisioni ed azioni.

Suggerirei agli aspiranti generali, militari e non (specie ai "non"), di studiare con grande impegno cos'è l'Arte del Comando: ne va della fortuna loro e dei reparti che comandano (piccoli o grandi non fa differenza).

In tutto il mondo, in ogni ambito e a qualsiasi livello, uomini che hanno servito nelle forze armate sono sempre più frequentemente chiamati ad insegnare come gestire (se non a gestire direttamente) aziende e strutture civili. Date un'occhiata, se volete, ai CDA delle aziende francesi per esempio, a quanti dei loro executive hanno prestato servizio nelle forze armate, nella Legione specialmente (a mio giudizio il miglior reparto di fanteria leggera del mondo).

Se siete appassionati di sport, verificate quanti allenatori utilizzano personal trainer e mental coach che hanno prestato servizio particolarmente nelle forze speciali o in reparti d'elite.

In determinati contesti il modo militare risulta essere il più razionale e operativo. Sarà comunque sempre la volontà di fare squadra del singolo a sviluppare il concetto e fare in modo di diventare un gruppo coeso. Perché "la catena è forte quanto il suo anello più debole".

Andrea Sapori.

Fonte: https://www.difesaonline.it

 

 

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