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In un passato molto remoto, la Luna era avvolta da un campo magnetico generato dal suo nucleo metallico liquido, una sorta di dinamo in analogia a quello che succede sulla Terra e su altri pianeti. Le rocce e la crosta lunare portano ancora le tracce di questo campo magnetico significativo. Tuttavia, l’origine, l’intensità e la durata di questo campo sono assai incerti.

 

 

La Luna, oggi, è priva di un suo campo magnetico, ma così non doveva essere nel passato.

Un passato molto remoto, che viene collocato indicativamente tra poco più di 4 e circa 3.5 miliardi di anni fa, epoca in cui le rocce e la crosta lunare portano ancora le tracce di un campo magnetico significativo.

Tuttavia, l’origine, l’intensità e la durata di questo campo sono assai incerti. Cosa abbia generato il magnetismo sul nostro satellite è tuttora argomento di dibattito.

Una sorta di dinamo presente nel suo nucleo metallico fluido, in analogia a quello che succede sulla Terra e su altri pianeti o corpi minori del nostro Sistema solare? Oppure campi magnetici esterni alla Luna stessa?

Capire in particolare se la Luna abbia avuto o meno in passato un generatore intrinseco di magnetismo sarebbe importante anche per altri aspetti, come lo studio della sua formazione ed evoluzione e, più in generale, la fisica della formazione dei campi magnetici planetari.

Su questo argomento la rivista Science pubblica nell’ultimo numero un articolo in cui Benjamin Weiss (Massachusetts Institute of Technology) e Sonia Tikoo (University of California e Berkeley Geochronology Center) fanno il punto della situazione.

I ricercatori sottolineano il primo grande salto di qualità negli studi sulla geologia lunare permesso dalle missioni Apollo, grazie alle quali sono stati raccolti e riportati sulla Terra quasi quattrocento chilogrammi di rocce lunari.

Recenti studi in laboratorio di questi campioni, abbinati a misure in situ del campo magnetico attuale, condotte grazie alla missione Lunar Prospector, hanno contribuito a migliorare la nostra visione del passato geologico del nostro satellite naturale.

Tali studi hanno confermato che deve essere realmente esistito in epoche remote un campo magnetico generato nel nucleo, tra almeno 4 e 3.5 miliardi di anni fa, con un’intensità comparabile a quella del campo magnetico sulla superficie terrestre. Valore che poi ha iniziato a diminuire, fino a ridursi di almeno dieci volte dopo 3.3 miliardi di anni.

Per i due scienziati, la conferma di una dinamo primordiale attiva nel nucleo della Luna, che ha prodotto un campo magnetico così intenso e prolungato ,è un risultato sorprendente. Sarà necessario negli anni a venire ottenere misure ancora più accurate dalle rocce, insieme allo sviluppo di modelli teorici più raffinati, per ricostruire con maggior precisione la storia interna del nostro satellite. E quindi del suo antico magnetismo.

«Questo studio conferma l’esistenza di una dinamo primordiale all’interno della Luna così come accade per la Terra e per altri pianeti del Sistema Solare, quali Giove o Marte, oppure per corpi minori, come Vesta, uno dei principali asteroidi della Fascia Principale, oggetto di studio della missione Dawn, dimostrando ancora una volta come questo meccanismo sia molto diffuso tra i corpi del nostro Sistema solare per spiegare l’esistenza dei relativi campi magnetici» commenta Michelangelo Formisano, ricercatore presso l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’INAF a Roma.

«La presenza di una dinamo è molto importante perché permette di capire se il corpo (in questo caso la Luna) si sia differenziato o meno, ossia se abbia una struttura stratificata (essenzialmente composta da nucleo, mantello e crosta) così come accaduto per la Terra. Questo perché, per avere una dinamo, c’è bisogno innanzitutto di un nucleo ferroso che si forma durante il processo di differenziazione (i materiali “ferrosi” tendono ad aggregarsi verso il centro del corpo). Ma non basta. Il nucleo deve soddisfare anche determinati requisiti per far sì che si sviluppi una dinamo. In maniera grossolana potremmo riassumere dicendo che deve essere fluido, conduttivo e deve ruotare. I prossimi studi sulla Luna potranno aiutarci senza dubbio a vincolare meglio determinati parametri geofisici del nostro satellite e quindi a migliorare la nostra conoscenza del suo campo magnetico, attraverso modelli teorici via via sempre più accurati».

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

 


 

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