Rappresentazione artistica di un esopianeta con atmosfera ricca di ossigeno.



Si tratta di un nuovo approccio per comprendere in maniera più proficua e veloce la presenza di vita su un esopianeta quello sviluppato da un team di ricercatori dell’Università della California a Riverside. Gli scienziati hanno sviluppato un nuovo metodo per capire la presenza dell’ossigeno nelle atmosfere.  L’ossigeno è infatti un possibile indicatore della presenza di vita, una cosiddetta “biofirma”, in quanto, almeno qui sulla Terra, viene perlopiù generato dagli organismi viventi tra cui piante, alghe e cianobatteri che utilizzano il metodo della fotosintesi per sfruttare l’energia della luce del Sole. La nuova tecnica potrà essere utilizzata soprattutto con il telescopio spaziale James Webb, che dovrebbe essere messo in orbita entro un paio di anni e che potrebbe rilevare i segnali riguardanti le molecole di ossigeno quando si scontrano nelle atmosfere. Durante questi “scontri” parte dello spettro di luce infrarossa intercettata dal telescopio viene a ”nascosta” ed esaminando queste diminuzioni di luce è possibile determinare la composizione dell’atmosfera del pianeta. Il problema, almeno fino ad oggi, era capire quanta luce viene bloccata all’infrarosso quando capitano queste collisioni di molecole di ossigeno. È stato proprio questo l’oggetto dello studio presentato sulla rivista Nature Astronomy, in cui viene spiegato il metodo che gli astronomi potranno utilizzare per capire livelli di probabilità di vita extraterrestre sugli esopianeti o comunque per trovare ossigeno nelle loro atmosfere. Capire la presenza di vita su un esopianeta, infatti, è sostanzialmente molto difficile perché gli esopianeti sono troppo lontani e qualsiasi telescopio, anche il più potente che potrebbe essere costruito nel corso di questo secolo, non arriverebbe ad intercettare la vita sulla superficie di un pianeta a livello diretto. Tuttavia esistono dei “biomarker” che possono essere utilizzati per capire almeno la probabilità che la vita possa esistere in questi mondi lontani. E uno di questi marker è proprio la presenza dell’ossigeno nelle atmosfere. Il problema principale, almeno per il momento, sta nel fatto che potrebbero esistere pianeti in cui c’è molto ossigeno nell’atmosfera ma al contempo ciò potrebbe non essere indice della presenza di vita. Quando l’atmosfera di un pianeta diventa molto calda, infatti, ad esempio quando riceve troppa luce della stella, si forma tanto vapore acqueo e quest’acqua, proprio a causa delle forti radiazioni ultraviolette della stella, può dividersi in ad idrogeno e ossigeno. L’idrogeno scappa via nello spazio e resta l’ossigeno. Tuttavia questo è uno processo di cui si sa ancora poco e, come avverte lo stesso Schwieterman, non si sa quanto possa essere diffuso. Si tratta, tuttavia, di un processo che bisognerà studiare a fondo per comprendere se la presenza di ossigeno possa essere realmente essere considerata una biofirma.

Fonte e link: https://notiziescientifiche.it

 

 

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