L'eroica manovra sostenuta da quattro piloti dei cieli del Vietnam divenne una leggenda e un'occasione in più per ricordare al mondo cosa vuol dire "fratelli in armi", in tempo di guerra come in tempo di pace.

 



10 Marzo 1967, cielo del Vietnam del Nord, non molto distanti da Hanoi.
Una coppia di cacciabombardieri F-4 Phantom dell'Us Air Force si dirigono su uno degli obiettivi più importanti del settore. Un'acciaieria che, insieme a quanto arriva da Cina e Unione Sovietica, rifornisce di materiale bellico i Viet Cong attraverso il "sentiero di Ho Chi Minh". A bordo dei jet biposto con la livrea mimetica che esibiscono la celebre coccarda con la stella bianca sono il tenente Robert Houghton con il capitano Earl Aman, e il tenente Steve Wayne e con il capitano Robert Pardo. Entrambi gli equipaggi, assegnati al 433° Squadron, sono l’avanguardia di una formazione più ampia che comprende altri cacciabombardieri a pieno carico di bombe convenzionali, pronti per infliggere un duro colpo al nemico. Decollati da una base in Thailandia, avevano l’ordine di sopprime le difese radar per fare da apripista al resto della formazione..Se non fossero incappati nella contraerea, né fossero stati intercettati e ingaggiati dai Mig avversari, avrebbero dovuto ricollegarsi alla forza d’attacco, per sganciare il loro “confetti” esplosivi sull’obiettivo, situato a Thai Nguyen, 30 miglia a nord di Hanoi. La missione, forse la più pericolosa alla quale avessero mai preso parte nella loro carriera, a causa delle pessime condizioni meteorologiche, era stata fissata al primo giorno di tempo sereno. Quel giorno era arrivato. Quando erano ancora a 75 miglia da Thai Nguyen, le prime batterie della contraerea aprirono un fittissimo fuoco di sbarramento. La deflagrazione di un proiettile antiaereo aveva investito l’F-4 di Aman, scuotendolo con una violenza che non avevano mai provato prima. Anche il velivolo di Pardo venne colpito, ma lievemente. Dopo un rapido check a bordo, si accertarono di non essere feriti; indicatori e comandi consentivano ad entrambi di procedere verso l’obiettivo. Dei Mig, per loro fortuna, nessuna traccia. Iniziò così la loro corsa verso l’acciaieria insieme al resto della formazione. Alcuni F-4 e F-105 vennero abbattuti. Pardo e Wayne, invece, vennero bersagliati e colpiti di nuovo: un proiettile da 37 mm era entrato dritto nella fusoliera dalla poppa, e si era fermato appena pochi centimetri dal seggiolino del pilota. C’era stato un susseguirsi di spie luminose che lampeggiavano, e il pannello degli strumenti aveva sfarfallato a più riprese, ma il Phantom, robusto e leggendario cacciabombardiere prodotto dalla McDonnell Douglas, sembrava reggere dopo aver incassato il colpo. Pardo non ne diede comunicazione al gregario quando apprese che l'aereo di Aman, gravemente danneggiato, stava perdendo carburante a una velocità tale da non lasciarli in aria ancora per molto. Le indicazioni per ovviare al problema erano di fare rotta a sud di Hanoi per incontrare un aereo cisterna e rifornirsi in volo. Ma risultò immediatamente chiaro che l’F-4 di Aman non aveva abbastanza carburante né per raggiungere le coordinate del rendez-vous né per raggiungere il confine con il Laos. Non c’erano alternative: Aman e Houghton dovevano lanciarsi. Ma nel 1967, in Vietnam, un pilota da caccia che si eiettava con successo in territorio nemico conosceva benissimo il suo destino, che comprendeva la tortura e l’esecuzione sommaria, o prevedeva anni di dura prigionia che probabilmente non avrebbe lo avrebbero mai visto tornare a casa vivo. Nonostante questo, si preparavano a saltare.

 



Non si abbandona un compagno in battaglia.
Quando Pardo comunicò a Aman che una lunga scia di carburante gocciolava sul suo serbatoio bucato dai colpi della contraerea, Aman rispose via radio: “Lo sappiamo, ci prepariamo a lanciarci”. Fu allora che Pardo scelse di entrare nella leggenda, iscrivendosi di diritto nell’albo degli eroi. Nonostante i cieli pullulassero di Mig nemici gridò alla radio: “Non saltate! Faremo del nostro meglio per aiutarvi e tirarvi fuori di qui!”. Così entrambi i Phantom salirono ad una quota di 30mila piedi per preservare il carburante e consentirsi un raggio di planata maggiore una volta esaurito il carburante. Se fossero caduti, sarebbero caduti insieme. Se i Viet Cong li avessero catturati, sarebbero finiti nell’inferno dell’Hanoi Hilton, il nomignolo affibbiato al più duro campo di prigionia del Vietnam, insieme.

 



Le leggendaria “Pardo Push”.
Dopo aver consultato la fantasia e la sua approfondita conoscenza del velivolo, Pardo si rivolse di nuovo ad Aman per avvertilo che aveva trovato il modo di aiutarlo. Avrebbe spinto l'F-4 di Aman fino in Laos. Una cosa simile era già accaduta, ma non è certo che Pardo ne fosse al corrente: nel 1952, durante la guerra di Corea, l'asso da caccia James Risner aveva spinto il suo gregario fuori dallo spazio aereo nordcoreano con il suo F-86. Dopo quella prodezza di successo, ai piloti venne ordinato di astenersi dal tentare di fare di nuovo una manovra che lo stesso autore non menzionava quasi mai, fino a cancellarla della memoria dell’Air Force. A quel tempo Pardo faceva il liceo. “Penso che possiamo aiutarti. Apri e sgancia il paracadute a trascinamento (ossia il paracadute posteriore che gli aerei usano per frenare il loro atterraggio, ndr) e faremo del nostro meglio per spingerti”, disse. Così Bon Pardo tentò di posizionare il muso del suo F-4 nell’alloggiamento per “spingere” letteralmente Aman in quota. Il tentativo però si rivelò fallimentare, il getto dei motori di Aman, che erano ancora in funzione sebbene il carburante stesse per terminare, producevano troppa turbolenza o “Jet blast”. Ma Pardo rifiutava di arrendersi, così prima provò a posizionare la parte superiore della fusoliera del suo aereo contro la pancia dell’F-4 di Aman, mentre quest’ultimo faceva del suo meglio per stabilizzare. Non era possibile nemmeno questa via. Pardo tentò l’ultima: chiese di estendere il gancio d’arresto di cui erano dotati anche gli F-4 dell’Usaf nel caso avessero dovuto “frenare” come nella procedura impiegata dai jet della Marina per atterrare su una portaerei. Non appena il gancio di coda dell'F-4 si estese e bloccò in posizione, Pardo si sistemò sotto al velivolo del gregario, e con il muso del suo, iniziò a sorreggere e spingere in avanti un bestione da 18mila chilogrammi, con due anime a bordo. Così viaggiavano, sottosforzo e lentamente, nello spazio aereo nemico. Mentre Pardo era intento a lottare con la scia dell'aereo che sorreggeva, Aman lottava con la cloche per tenere l’assetto dell’aereo: rotta sud, sud-ovest, verso il Laos.

 



Spegnimento del motore: "Non c’è più nulla da fare".
Persa quota, ormai ad una velocità estremamente ridotta, il carburante di Aman giunge al termine, e il motore sinistro di Pardo, che ha riportato danni significativi, raggiunge una proibitiva temperatura interna di mille gradi. Ciò significava che i portafiamma o i bruciatori all'interno del motore erano andati, e una fiamma interna incontrollata minacciava di far esplodere il motore e molto probabilmente l'intero aereo. Pardo provò a spegnere e riaccendere il motore, ma la spia si accese di nuovo, stava davvero per prendere fuoco di nuovo: doveva essere spento definitivamente. Ad ogni modo, il carburante rimasto sarebbe durato appena altri 10 minuti. Con un solo motore per due cacciabombardieri uno sopra l’altro, non sarebbero andati comunque molto lontani. Non c'era nulla da fare, era davvero giunta l'ora di lanciarsi. Avevano percorso così 58 miglia. I primi a eiettarsi furono Aman e Houghton. Dopo un minuto di volo, fu la volta di Wayne e Pardo, che avevano lanciato il May-day per radio e vivevano nella speranza che il salvataggio aereo li avrebbe raggiunti e tratti in salvo prima della cattura. Mentre alcuni cacciabombardieri A-1E "Sandy" delle squadre di salvataggio CSAR si precipitavano sul posto insieme a due elicotteri Hh-43 "Jolly Green Giants" per recuperare i quattro aviatori che si erano lanciati, il secondo di Aman, il tenete Houghton, notò che alcuni guerriglieri laotiani si dirigevano minacciosamente verso di loro. Non era ancora finita.

 



Duramente provati e feriti ma di nuovo alla base insieme.
I soccorsi ci misero 45 minuti prima di sgombrare l’aerea della minaccia e recuperare tutti e quattro gli aviatori. Pardo, gravemente ferito come lo era anche Houghton, fu l’ultimo a essere issato sugli elicotteri di salvataggio. Raggiunta la base dalla quale erano decollati quella mattina, divennero una leggenda per i loro compagni, per tutti i piloti dell’8th Fighter Wing, poi dell’intera Aeronautica. Pardo era diventato un eroe, ma venne anche duramente rimproverato per aver perduto il suo F-4 a causa di quella manovra non richiesta. Dopo aver portato a termine 132 missioni di combattimento nei cieli del Vietnam, e aver salvato la vita a due commilitoni, l'Air Force rivalutò la questione e insignì sia lui che il suo secondo Wyane, nonché Aman e il suo secondo Houghton, della Silver Star. Solo allora Pardo fu in pace con se stesso: l'Aeronautica aveva ufficialmente riconosciuto il suo coraggio. Si congederà con il grado di tenente colonnello molti anni dopo. Quando verrà a sapere che Earl Aman fu raggiunto del morbo di Lou Gehrig, e per questo aveva perso la voce e la mobilità, il vecchio Pardo scelse di fondare la Earl Aman Foundation, al fine di raccogliere fondi e acquistare un sintetizzatore vocale - uguale a quello impiegato dal fisico Stephen Hawking - e una sedia a rotelle motorizzata. "In pace come in guerra, se uno di noi si mette nei guai, tutti gli altri si riuniscono per aiutarlo", ha sempre creduto in questo sano genere di cameratismo. Ciò che di meglio si può trovare negli uomini. Quando intervistato dovette rispondere alla domanda se si fosse "pentito mentre era in azione di aver compiuto quella manovra", Pardo rispose: "Non ho mai pensato neanche per un momento di abbandonare un compagno con cui ero andato in battaglia".

Davide Bartoccini

Fonte: https://www.ilgiornale.it

 

 

 

 

 

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