Come ebbe a dire l'ex segretario alla Difesa Statunitense Donald Rumsfeld, ci sono minacce alla sicurezza "known know”-‘note conosciute’, minacce che sappiamo di sapere (per esempio sappiamo che esistono le pandemie); poi ci sono le minacce “known unknown”-‘note sconosciute’, cose che sappiamo di non sapere (come non sappiamo quando arriverà la prossima pandemia); e infine ci sono le minacce "uknown uknown”-‘incognite sconosciute’, minacce che non sappiamo di non sapere (come: cosa può arrivare che non ci aspettiamo?) Pensiamo di sapere di non conoscere tutte le sfide e i pericoli globali del futuro, ma in realtà non sappiamo che non le conosciamo tutte, non siamo consapevoli che ci sono cose che ci sorprenderanno.

Un'altra Chernobyl non sarà una sorpresa, anche se nessuno è preparato per questo, poiché non ci sono piani pronti per questo tipo di catastrofi. Di recente per esempio, nel 2016, Chernobyl ha ottenuto un sigillo all'interno di un sarcofago gigante per i successivi 100 anni, il problema è che i materiali radioattivi rimarranno pericolosamente letali nell’area per i prossimi 3000 anni.

Ma cosa accadrebbe se si verificasse un altro disastro tipo Chernobyl magari molto più grande? Sarebbe qualcosa di inaspettato, una grande catastrofica sorpresa, una "incongnita sconosciuta", che potrebbe mettere a repentaglio la nostra civiltà. Ci sono rischi che derivano da situazioni così inaspettate da non essere presi in considerazione, e non sto parlando solo dell'arrivo di alieni o di un meteorite. Possono essere un virus con una mortalità molto più elevata dell'ultimo, invasioni radiologiche non note, sostanze chimiche che entrano nei corpi della nostra specie i cui effetti non sono noti.

Per prepararsi a tutto questi rischi di ‘incognite sconosciute’, i nostri decisori, sia a livello civile che militare, non sono preparati perchè devono avere capacità di prevedere e visualizzare in anteprima scenari, più che minacce.

Data la possibilità di eventi imprevisti in combinazione con conseguenze potenzialmente disastrose, dobbiamo pensare a “pianificazione di scenari”, che è una parte fondamentle della “previsione strategica”, cioè possibili panorami catastrofici per le nostre società. Per esempio lo scenario di una elevata quantità di perdite nella popolazione, lo scenario di un blocco completo delle fonti energetiche o dei nostri sistemi informatici, scenari di completa eliminazione delle forze decisionali di governo, o della completa scarsità di cibo e acqua, con conseguenti saccheggi e ribellioni.

Peggio ancora, potrebbe verificarsi un collasso ambientale globale 1) con rischi per la nostra stessa civiltà moderna. Non è fuori dal regno delle possibilità.

Questi sono scenari che è possibile che si verifichino e causati da minacce sconosciute. Potrebbero non avvenire nella nostra nazione ma in un altro paese del pianeta che però influenzerà anche noi. E sulla base di questi possibili, anche se non "probabili", scenari dobbiamo avere dei piani strategici come conseguenza. Non trovarci completamente impreparati come è avvenuto per questa crisi del COVID-19. Perchè questa crisi “era facile” ma le future non sappiamo.

Questi piani strategici devono essere prima nazionali, per il nostro paese, poi regionali, con l’Alleanza in cui siamo da 70 anni, cioè quella Atlantica, e infine possibilmente globali. Ma qui mancano ancora organizzazioni in grado di farlo. E questi piani, come ha detto recentemente l’analista Massimo Amorosi parlando di biosicurezza, devono seguire sistemi complessi e coesi, “serve cambiare modelli organizzativi e metodologie, mettendo a sistema le conoscenze. Cooptando la comunità scientifica e mettendo insieme attori diversi per addivenire ad analisi di contesto.”

Le società future quindi dovranno imparare non solo a prevenire, ma anche a reagire a disastri senza precedenti, poiché le cose accadranno al di fuori del nostro controllo, come “Cigni Neri” 2) , e lo spirito innato di sopravvivenza non basterà a salvarci. Solo la nostra forte preparazione, pianificazione strategica e resilienza, assicureranno che potremmo preservare la nostra civiltà moderna, con tutte le libertà che sono costate così tanto ai nostri antenati per essere conquistate.

Abbiamo creato le condizioni per la possibilità della nostra stessa autodistruzione, l’estinzione di questa scimmia intelligente, che chiamiamo Sapiens Sapiens. C’è urgente bisogno di nuovi approcci strategici per evitarla e continuare sul cammino del progresso umano.

Fonte: https://www.difesaonline.it



1) Jared Diamond, “Collasso: come le società scelgono di morire o vivere”, Einaudi, 2005.

2) Nassim Nicholas Taleb, “Il cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita”, Il Saggiatore, 2014.



 

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