Il trucco per realizzare un gioco con gli alieni di successo? Arruolare un ufologo. Ma non un ciarlatano da quattro soldi: per "The Bureau – Xcom Declassified", nuovo capitolo della serie virato in chiave sparatutto tattico, gli sviluppatori 2K Marin hanno chiesto la consulenza di Nick Pope, impiegato del Ministry of Defence (Mod) inglese dal 1985 al 2006 e capo del progetto di ricerca sugli Ufo dal 1991 al 1994. Un esperto di x-files veri, a conoscenza dei protocolli di indagine e dei meccanismi di segretezza del governo.

 

 

L'uscita del gioco ( 23 agosto per pc, PS3 e Xbox 360) ci ha fornito l'occasione per fargli qualche domanda sul suo lavoro di investigatore degli oggetti volanti non identificati e sul ruolo svolto nello sviluppo di The Bureau, spaziando fra avvistamenti incredibili, teorie del complotto, scienza e fantascienza. Da non perdere.

Per cominciare, può illustrarci quali erano il suo ruolo e i suoi compiti quando lavorava al Mod?
"Ho guidato il progetto Ufo del Mod dal 1991 al 1994 (all'interno di un'affascinate e stimolante carriera di 21 anni al servizio del governo britannico). Il mio lavoro era investigare il fenomeno Ufo per verificare se costituisse una potenziale minaccia per la difesa del Regno Unito, o se esistessero prove di qualcosa di interesse scientifico."

Su quanti casi ha lavorato?
"Ricevevo circa 300 segnalazioni all'anno, e inoltre dovevo occuparmi delle politiche di comunicazione sull'argomento, delle domande dei media, delle lettere della gente..."

Qual è il caso più interessante che ha studiato?
"Nel 1993 ho guidato l'indagine su un' ondata di avvistamenti che si verificarono in Inghilterra in un lasso di sei ore e che coinvolgevano centinaia di testimoni, molti dei quali erano ufficiali di polizia o personale militare. Due basi dell'aeronautica furono sorvolate da un gigantesco Ufo di forma triangolare. Un testimone dell'aviazione disse che l'Ufo si muoveva lentamente, circa 60-80 chilometri all'ora, sopra i campi vicino alla base, a 60 metri di altezza. Emetteva un ronzio a bassa frequenza e un raggio di luce concentrato sul suolo, come un laser. Poi, di colpo, è schizzato all'orizzonte in un istante. Il testimone principale aveva otto anni di esperienza nella Royal Air Force e disse che la velocità era molto superiore a quella di un jet militare. Non trovammo mai una spiegazione e il caso è rimasto insoluto."

Cosa ha fatto dopo aver lasciato il Mod?
"Ora lavoro come scrittore e giornalista e in televisione, specializzato in argomenti come gli Ufo, i fenomeni inspiegabili, le teorie della cospirazione, la scienza di confine e la fantascienza. Quando posso continuo a investigare misteri e fenomeni strani, ma in forma privata, indipendente dal governo. Lavoro anche come consulente in film e videogiochi che trattano il tema degli alieni."

Il governo inglese sta rendendo pubblici gli x-files. Qual è il caso più eclatante che contengono?
"Il programma per desegretare i veri x-files del Regno Unito è stato completato lo scorso giugno. Sono stato coinvolto nel progetto come consulente e ho probabilmente rilasciato un migliaio di interviste per promuoverlo da quando ha preso il via nel 2008. È difficile evidenziare singoli casi, perché sono state rese pubbliche 50mila pagine di documenti."

Cosa pensa di questo programma? Secondo lei, questo tipo di informazioni dovrebbe invece rimanere segreto?
"Sono contento: credo fermamente in un governo trasparente e nella libertà di informazione. Non penso che qualcosa debba rimanere segreto solo perché la gente non potrebbe capire, o potrebbe esserne spaventata. La gente ha il diritto di sapere."

Il suo lavoro al Mod ha cambiato la sua opinione sull'esistenza di Ufo extraterrestri?
"Prima di essere assegnato al progetto Ufo ero estremamente scettico, ma, avendo visto l'archivio dei file e avendo investigato centinaia di avvistamenti in prima persona, ho cambiato il mio punto di vista. Sono convinto che esistano altre civiltà da qualche parte nell'universo. Se ci stanno facendo visita? Non lo so con certezza, ma... Potrebbe essere!"

Cosa pensa delle teorie della cospirazione che sostengono che gli alieni sono qui, ma il governo ci nasconde la verità?
"Quando lavoravo al Mod, minimizzavamo l'entità del nostro interesse e del nostro coinvolgimento nel fenomeno degli Ufo. Le ragioni erano due: prima di tutto, sarebbe stato imbarazzante ammettere che nel nostro spazio aereo c'erano velivoli più veloci e manovrabili dei nostri jet militari. In secondo luogo, conducevamo studi segreti con lo scopo di scoprire qualcosa sulla tecnologia impiegata dagli Ufo (fonti di energia, sistemi di propulsione, eventuali armi): non volevamo diventassero di dominio pubblico, o condividerli con altri governi. Questa politica di segretezza era mal interpretata dalle persone, molte delle quali credevano che avessimo già risolto il mistero degli Ufo e che stessimo coprendo la verità sulle visite extraterrestri."

Queste teorie sono spesso utilizzate nei film, nei videogiochi, nelle serie tv, nella narrativa... In che modo le rappresentazioni immaginarie degli Ufo e degli alieni hanno influenzato la percezione della gente sull'argomento?
"La relazione tra ufologia, teorie della cospirazione e fantascienza è molto interessante e complessa. A volte la fantascienza può influenzare un testimone o un ricercatore, i cui resoconti e convinzioni possono modellarsi su qualcosa che hanno visto in un film o un gioco o un libro. Ma in altri casi è la fantascienza a incorporare nei suoi prodotti di finzione gli avvistamenti, le esperienze e le convinzioni della gente. L'arte imita la vita, e la vita imita l'arte."

Parliamo di The Bureau - Xcom Declassified. Qual è stato il suo contributo al gioco?
"Sono stato coinvolto come consulente e ho aiutato ad avviare una discussione sulla vita aliena, sugli Ufo e sulle cospirazioni, in modo da spingere chi gioca a The Bureau a chiedersi quali temi potrebbero essere veri. Ho posto domande del tipo: siamo soli nell'universo? Gli alieni visitano la terra? Sono ostili o amichevoli? Potremmo davvero combattere un'invasione aliena, e come? I governi devono mantenere il segreto? Si tratta di questioni profonde. La gente che giocherà a The Bureau è interessata all'argomento e a conoscere le mie esperienze reali nelle indagini sugli Ufo per il governo."

Al di là dell'azione e delle sparatorie, il gioco offre un'investigazione realistica sugli Ufo?
"Ovviamente alcune cose sono molto diverse rispetto a come operavamo noi. A differenza dell'agente speciale William Carver [il protagonista], non avevamo pistole quando investigavamo su Ufo, rapimenti alieni e cerchi nel grano! Il mio lavoro era più simile a quello del capo del Bureau, il direttore Faulke. Ma la cosa più realistica del gioco è l'idea di un'organizzazione come il Bureau. Avendo lavorato nel Ministero della difesa (essa stessa un'organizzazione che agisce con la massima riservatezza), credo che il Bureau sia esattamente quel genere di organismo top secret che verrebbe allestito per affrontare un'invasione aliena. Cancella la verità è uno slogan valido tanto per il Mod quanto per il Bureau. La scienza e la tecnologia sono i fattori chiave: il gioco riesce a descrivere molto bene il fatto che gli alieni disporrebbero di una tecnologia molto più avanzata della nostra, ma che noi cercheremmo di acquisire parte di quella tecnologia per usarla contro di loro."

È soddisfatto del risultato?
"Il gioco è fantastico! È molto divertente, ma offre anche una sfida notevole. Ho partecipato a numerosi incontri e visto diverse parti di The Bureau e sono rimasto impressionato. Non sono un esperto in fatto di videogame, ma credo che la modalità Battle Focus sia molto interessante e che la morte permanente dei personaggi spingerà i giocatori a valutare con attenzione le decisioni che prendono. Inoltre, in quanto scrittore so che ogni storia deve avere un inizio: The Bureau racconta le origini di Xcom e quindi i fan del suo universo potranno scoprire come tutto è cominciato. E poi sono un grande fan degli anni Sessanta, e il gioco ha un sacco di stile - è come viaggiare indietro nel tempo nel decennio più iconico del XX secolo."

Fonte: http://gadget.wired.it

 

 

Se si prova a ricordare/recuperare quel X-COM: UFO Defense (1994, MicroProse, noto anche come UFO: Enemy Unknown), di cui il qui recensito XCOM: Enemy Unknown (Firaxis) ne è remake (re-immaginazione, reboot, quello che si vuole), ci si rende conto, tra le altre, di una cosa in particolare: il titolo di MicroProse era un muro. Un oggetto alieno, un nemico sconosciuto da studiare sul campo, giocando (provandoci) e andando a sbattere: la felice fruizione del gioco presupponeva una conoscenza che il titolo stesso non forniva. Ecco che il confronto tra XCOM: Enemy Unknown e la fonte originale ci dice innanzitutto dell'evoluzione dei tutorial nei videogiochi.

Sul piano pratico, ma anche narrativo. Il primo concerne la comunicazione al giocatore delle 'regole del gioco', il secondo l'integrazione di tale trasmissione di competenze (dall'autore al giocatore) nel flusso narrativo di cui il gioco si fa portatore. In XCOM: Enemy Unknown il giocatore è il comandante. Tutte le decisioni - strategiche e operative - sono sua emanazione: laddove c'è interazione per il giocatore, c'è produzione di una scelta per il comandante. Per introdurre il giocatore nel mondo di gioco, e per calare lo stesso nel ruolo narrativo che rivestirà per tutta la durata dell'esperienza, il comando delle primissime battaglie - che illustrano le basi del combattimento - è assegnato a un ufficiale della XCOM (Extraterrestrial Combat Unit), il primo di una serie di personaggi non giocanti che, rivolgendosi continuamente al comandante (mai visualizzato a schermo), definiscono l'immagine simulacrale del giocatore.

 

 

Questo è riscontrabile sopratutto nelle fasi gestionali, all'interno del quartier generale della XCOM, tra una battaglia e l'altra. La macro-struttura di XCOM: Enemy Unknown prevede infatti fasi puramente strategiche alternate a combattimenti tattici a turni. Se le prime rimandano più direttamente alla tradizione del videogioco da computer - di cui Civilization della stessa Firaxis ne è illustre esempio - i secondi risultano forse più familiari all'universo console, in cui il gioco di ruolo con campo di battaglia a scacchiera vanta una notevole tradizione (da Fire Emblem in avanti). Il pregio fondamentale di XCOM: Enemy Unknown è proprio la riuscita unione dello strategico e del tattico. L'alternanza tra le due fasi non è esclusivamente meccanica, ma fusa nel perseguimento di macro-obiettivi in cui alle decisioni 'tra i menu' del quartier generale rispondono conseguenze sul campo di battaglia e viceversa.

La base, di cui è fornita una vista modello Panopticon (visuale oggettiva e onnisciente), comprende il laboratorio, l'officina, la caserma, l'hangar, la sala strategica. Ogni reparto è un menu, ogni menu è un reparto. Selezionando un reparto si attiva uno zoom che centra a schermo la zona di interesse. Movimento di camera che richiama il movimento del giocatore/comandante all'interno della base, il tutto nella praticità di una navigazione ipertestuale classica. Mentre si naviga in questi menu, le continue comunicazioni dell'ufficiale e dei vari dottori, generalmente cariche di allarmismo, definiscono una situazione di tensione costante, a rimarcare il peso di ogni singola scelta (non stiamo mica mandando avanti una fattoria) e il pericolo generale. Questo continuo interpellare il giocatore (verbalmente ma anche con gli 'sguardi in macchina' dei personaggi) delinea con efficacia la figura simulacrale del comandante, che pure non compare mai a schermo e non proferisce parola alcuna, potendo intervenire e rispondere 'solo' tramite scelte interattive.

Ricerca scientifica, costruzione di nuove strutture, armi, oggetti, addestramento ed equipaggiamento di nuovi soldati: queste alcune delle responsabilità del giocatore. Nuovi manufatti (recuperati in battaglia) sbloccano nuove ricerche scientifiche, nuove ricerche sbloccano nuove armi o costruzioni. Nuove armi permettono di raggiungere, tornati sul campo di battaglia, nuovi obiettivi. Il senso di progressione è forte. La componente strategica può dirsi tale grazie a due fattori fondamentali e più che mai simulativi: la dimensione finanziaria e quella temporale. Il completamento di ogni progetto richiede infatti un certa quantità di denaro e un certo numero di giorni. Ma gli alieni non aspettano.

 

 

Il mondo è alla deriva e inquietanti rapimenti si verificano in ogni angolo del pianeta. Nella sala strategica menzionata sopra è allora possibile monitorare l'andamento del progetto XCOM su più larga scala, così come il livello di panico di ogni singolo paese, da contenere con attenzione per evitare di perdere qualche importante finanziatore. Dal quartier generale si può accedere a una ulteriore schermata, dove troviamo una sorta di mappamondo olografico (evidente richiamo alla mappa del titolo originale). Procedendo con una scansione di tale globo virtuale si ottengono simultaneamente due risultati: il primo è l'accelerazione temporale (fondamentale per completare i progetti di laboratorio e di espansione della base), il secondo è la ricerca di emergenze nelle varie nazioni (per innescare le fasi di battaglia).

Per quanto le fasi di gestione della base godano di un rapporto di interdipendenza rispetto alle fasi di battaglia, queste ultime rappresentano innegabilmente il cuore ludico del gioco. Come già detto, si tratta di battaglie sul modello del tattico a turni. Dunque una manciata di soldati da muovere singolarmente sulla mappa di gioco con l'obiettivo di eliminare tutte le unità avversarie, nel nostro caso orripilanti alieni. La consueta scacchiera è strutturalmente presente ma nascosta alla vista: una linea luminosa segue il percorso tracciato dal joystick, cui corrisponderà il movimento della singola unità. Un movimento breve e un'azione ulteriore (attacco, guardia, uso di abilità, altro) è tutto quello che può fare un soldato per turno, ma rinunciando all'azione extra è possibile coprire distanze maggiori. Studiare la mappa di gioco con attenzione, sempre fondamentale nei giochi del genere, è doppiamente utile in XCOM: Enemy Unknown, data la presenza, oltre che di zone sopraelevate, di ripari totali, parziali, nonché distruttibili.

In questo senso la mappa è magnificata unicamente come campo di battaglia: il recupero di oggetti e materiali durante le missioni avviene in automatico, laddove l'unica preoccupazione per il giocatore è quella di eliminare lo schieramento avversario limitando al minimo le perdite. Salvo ovviamente missioni particolari che richiedono, per esempio, di portare in salvo un certo numero di civili, oppure di procedere all'estrazione e alla scorta di un certo VIP (sempre per garantirsi l'appoggio delle nazioni finanziatrici). Altre battaglie si innescano nel caso in cui la scansione del globo olografico porti alla luce un disco volante. L'abbattimento dell'UFO avviene tramite una ulteriore parentesi ludica in cui, come avveniva nell'originale X-COM: UFO Defense, occorre mandare il proprio caccia intercettore (preventivamente equipaggiato) a confrontarsi con l'oggetto alieno. In caso di successo sarà allora possibile scendere sul campo per raggiungere il luogo dello schianto e sopprimere i superstiti.

Nel corso dei combattimenti emerge un certo gusto registico e una diffusa eleganza visiva, anche puramente formale, che possiamo dire avere inizio già dalle schermate di caricamento, perfettamente mascherate dal briefing della missione. Giunti sul campo di battaglia notiamo che l'alternanza tra il turno del giocatore e quello della CPU è segnalata in maniera chiara ma non invasiva. In generale, si nota la volontà di donare un qualche dinamismo visivo agli scontri - che restano a turni - soprattutto attraverso l'uso di movimenti di camera vari. Aprendo il menu dedicato alla singola unità, il punto di vista si trasforma in una semi-soggettiva del soldato selezionato, favorendo la scelta del bersaglio da una parte e vivacizzando lo spettacolo dalle sparatorie dall'altra.

 

 

Il sistema di controllo si fa apprezzare proprio per la sua capacità di occultare/ridurre al minimo la navigazione tra i menu (sempre macchinosa se non si gioca su computer) grazie anche all'assegnazione di alcuni comandi chiave direttamente ai pulsanti. L'unico fastidio che abbiamo riscontrato sul piano pratico riguarda la difficoltà nel distinguere con immediatezza un soldatino dall'altro, vuoi per la generale uniformità grafica, vuoi per l'impossibilità di visualizzarne l'equipaggiamento completo durante i combattimenti, vuoi perché gli (in)evitabili decessi portano a rinnovare continuamente la propria squadra.

La morte dei vari 'pedoni' non conduce infatti al game over, che non cala la sua mannaia nemmeno dopo il fallimento di missioni apparentemente decisive. Le sconfitte vengono inglobate nel percorso narrativo generato dal giocatore, facendo emergere la matrice simulativa del gioco e alimentando al contempo quel clima di inquietudine menzionato sopra, dove errori e tragedie sono all'ordine del giorno. Solo quando si perde il supporto di troppe nazioni giunge il game over, e con esso la necessità di ricominciare il gioco dall'inizio...

L'immaginario fantascientifico evocato da XCOM: Enemy Unknown attinge avidamente dalla mitologia extraterrestre e butta tutto nello stesso calderone: rapimenti, dischi volanti, mutazioni genetiche, poteri psichici, impianti cibernetici, camuffamento modello 'vivono tra noi', il tutto unito a un stato di calamità globale da fine dei giorni. Tra il 'blabla' scientifico che si può ascoltare o leggere mentre si esplora la base, non mancano nemmeno le annose domande sulla questione extraterrestre (“gli alieni sono forse umani del futuro?”). Cotanta eredità letteraria/cinematografica non gode purtroppo di una valida traduzione figurativa, colpa di un disegno fin troppo scolastico, di una caratterizzazione poco convinta e di un generale anonimato stilistico.

Fonte: http://gamesurf.tiscali.it

 

 

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