Pietre incise, bastoncini intrecciati, linee sulla sabbia: anche questa è matematica.




Una donna disegna un Kolam, un'espressione della filosofia Tamil Nadu (India meridionale).



Un’immagine della matematica che ha tradizioni lontane e autorevoli, la descrive come un corpus di conoscenze universale, profondamente unitario e dalle grandi potenzialità applicative. È il frutto della fatica di generazioni di uomini che hanno contribuito alla costruzione di un edificio dove nulla si demolisce: le novità arricchiscono i vecchi saperi e non li cancellano. Questa visione lineare dello sviluppo della matematica, integrata dalla consapevolezza del tributo che le conoscenze attuali devono anche a civiltà diverse da quella greca, come quelle fiorite in Egitto, Mesopotamia, India, Cina e nel mondo arabo, si porta dietro, inevitabilmente, l’idea che i concetti matematici seguano un unico percorso comune attraverso le diverse culture. Una successione di tappe di complessità via via crescente porta gli uomini a contatto con una realtà matematica indipendente dalle diverse tradizioni culturali. Ma se la matematica affonda le sue radici nelle civiltà di tutto il mondo, perché non studiarla come prodotto delle società che la esprimono? A questo provvede l’Etnomatematica.




Un quipu Inca, strumento per la memorizzazione di dati numerici.



Attraverso questi studi si perviene a una visione della matematica legata ai bisogni materiali o simbolici di un dato gruppo sociale, esattamente come le altre attività culturali. E siccome le caratteristiche delle varie società umane differiscono tra loro, diverse saranno le matematiche che potranno esprimere. È questo l’approccio critico dell’Etnomatematica che, dagli anni Settanta del secolo scorso, inizialmente in Brasile e negli Stati Uniti d’America, contribuisce a dare della matematica e della sua evoluzione un’immagine legata al tessuto storico-sociale in cui nasce. I concetti matematici simili assumono così significati, modalità di espressione, classificazioni diversi quando sono inseriti in contesti culturali differenti.




Un Kolam nel Tamil Nadu (India meridionale).



Un filone di ricerca importante in ambito etnomatematico è quello costituito dall’analisi della matematica delle culture tradizionali, spesso con limitata diffusione geografica e sconosciute al di fuori dei propri confini. In questi gruppi umani, più che altrove, è particolarmente evidente lo sviluppo di culture con caratteristiche specifiche e, quindi, di una matematica peculiare fatta di metodi di calcolo, misura, decisione, di sistemi di numerazione e conteggio legati strettamente a quelle caratteristiche. Concetti matematici non organizzati in una disciplina separata, denotata con un nome proprio, come avviene nella nostra società ma integrati negli ambiti più vari. In quasi tutte le culture esaminate si scoprono idee matematiche molto raffinate in attività come la navigazione, la religione, la realizzazione di calendari e la caratteristica principale dell’Etnomatematica è di non presentare tali concetti separatamente dai contesti da cui emergono, utilizzando una classificazione naturale per la matematica che conosciamo ma non necessariamente adatta a descrivere quella che emerge in un’altra cultura.




Un calendario solare Maya.



Pietre incise, bastoncini intrecciati, linee sulla sabbia o configurazioni di semi sono solo alcuni esempi di espressione d’idee matematiche che lo studio interdisciplinare dell’Etnomatematica, condotto con metodi simili a quelli usati dall’antropologia, ci mette a disposizione. Sono modi diversi dai segni sulla carta a cui siamo abituati e in alcuni casi ci appaiono meno comodi, ma testimoniano la capacità dell’uomo di “fare matematica” anche in assenza di scrittura e alfabetizzazione, considerate spesso essenziali prerequisiti per esprimere concetti matematici. Assistiamo, negli studi etnomatematici, all’emergere d’informazioni non su una “fase antica” di un unitario sviluppo umano ma, piuttosto, sulle diverse strade che l’uomo è in grado di percorrere per esprimere tanto concetti nuovi ai nostri occhi quanto idee riconducibili al nostro modo di fare matematica che, al di là delle differenze d’espressione, sono testimonianza della somiglianza dei problemi da risolvere e della comune struttura cerebrale più che di una realtà matematica indipendente.




Un tessuto di rafia Bakuba (Congo).



Ma l’Etnomatematica non è solo questo. Il prefisso etno è inteso in senso molto più ampio di quanto si potrebbe immaginare, arrivando a comprendere come oggetti di studio anche comunità religiose, categorie professionali o qualunque altro gruppo omogeneo presente nelle società avanzate, nella convinzione che siano sede di competenze, rappresentazioni, metodi, insomma possiedano una cultura matematica propria. Così una ricamatrice, un falegname, un tessitore di reti da pesca, si servono di proprietà che un matematico professionista classificherebbe come algebra o geometria, una matematica in gran parte occulta perché annidata in comportamenti che ci sembrano naturali. Ma anche un ragazzo cinese, indiano o filippino che frequenta una nostra scuola è portatore di una cultura matematica diversa da quella che incontra qui da noi, come certe tecniche di calcolo con le dita, rapide e comode, usuali in certe comunità.




Un quadro di Telemaco Signorini: "La ricamatrice".



La relazione fra Etnomatematica e educazione matematica costituisce, quindi, un ulteriore ambito di ricerca, per di più di stringente attualità, volto ad armonizzare le conoscenze acquisite con percorsi educativi già delineati. E non è un caso quindi che proprio in paesi come il Brasile e gli Stati Uniti, ricchi di gruppi socioculturali minoritari e diversi livelli d’istruzione, abbia preso avvio una riflessione di questo genere. In un’epoca in cui risuonano sterili appelli all’identità culturale, che appaiono più steccati alzati per dividere gli uomini che valorizzazioni del proprio patrimonio tradizionale, l’Etnomatematica appare, oltre che un utile ampliamento d’orizzonte sulla natura della matematica, anche una feconda occasione per favorire la comprensione fra gli uomini e l’integrazione tra culture diverse.

Pubblicato su Cronache Laiche: http://www.cronachelaiche.it

Fonte: https://giovanniboaga.blogspot.com



 

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