CHI SOPRAVVIVERA'?
La teoria della selezione naturale è un enunciato dalle straordinarie indicazioni che ha superato molto bene, per 150 anni, una prova d’indagini e verifiche intense ed inesorabili. Fondamentalmente, essa pone il meccanismo del cambiamento evolutivo al centro di una "lotta" tra organismi per il successo riproduttivo, il che conduce a un maggiore adattamento delle popolazioni ad ambienti che via via si modificano. Le strategie di successo riproduttivo includono una vasta gamma di attività non bellicose, come un accoppiamento più precoce e più frequente, oppure una migliore cooperazione tra i partner nell'allevamento della prole. Pertanto la selezione naturale è un principio di adattamento locale, ma non di progresso generale. Tuttavia, secondo il nostro modo di pensare, la selezione naturale non è una sola causa del cambiamento evolutivo. Normalmente si abusa della teoria evoluzionistica, equiparando la ricerca di una spiegazione biologica di un dato carattere alla ideazione di scenari, spesso altamente ipotetici per non dire fantasiosi, che ruotano attorno al valore adattativo del carattere in questione nel suo ambiente originario. Un esempio: l'aggressività umana si dimostra utile per la caccia; la musica e la religione servano a rafforzare la coesione tribale, eccetera. Lo stesso Darwin scrisse nella sua "Origine Delle Specie": "Sono convinto che la selezione naturale sia stato il più importante, ma non l'unico, fattore di modificazione". La selezione naturale non è di per sé sufficiente a spiegare il cambiamento evolutivo per due importanti motivi. In primo luogo ci sono altre cause che influiscono su di esso. Ci riferiamo ai livelli di organizzazione biologica che sono sia al di sopra che al di sotto di quello su cui si è tradizionalmente concentrato Darwin e che riguarda gli organismi e la loro lotta per conseguire il successo riproduttivo. A livello più basso, che è quello della sostituzione delle singole coppie di basi del DNA, il cambiamento è spesso neutro e quindi casuale. Ai livelli più alti che interessano quindi intere specie, l'equilibrio intermittente può produrre tendenze evolutive mediante una selezione di specie basata sulla velocità di comparsa e di estinzione di queste ultime, mentre le estinzioni in massa spazzano via porzioni considerevoli di comunità vegetali e animali per ragioni che non hanno relazione alcuna con le lotte adattative che le singole specie intraprendono nei periodi normali che intercorrono tra l'uno e l'altro di questi eventi. In secondo luogo benché la teoria della selezione naturale rappresenti un quadro di riferimento importante per spiegare la storia del cambiamento evolutivo, i suoi principi non devono essere considerati come le cause determinanti dell'effettivo corso e gli eventi evoluti. Le catene e le reti di eventi sono così complesse, così zeppe di elementi casuali e caotici, così irripetibili nella loro includere una simile moltitudine di oggetti unici e interagenti in modo unico, che per esse non possono valere i modelli standard della semplice previsione e duplicazione. La storia può essere spiegata, con un rigore soddisfacente se le testimonianze sono sufficienti, dopo che si è svolta una serie di eventi, ma non può essere prevista con precisione prima di essi. La storia racchiude troppo caos, ossia presenta una dipendenza estremamente sensibile dalle condizioni iniziali, il che produce risultati divergenti a partire da minuscole e incommensurabile disparità nei punti di partenza. Inoltre la storia ci dice che i risultati attuali non sono determinati direttamente da leggi immutabili di natura, ma sono plasmati da lunghe catene di stati antecedenti che sono imprevedibili. La comparsa degli esseri umani fu la conseguenza fortunata e contingente di migliaia di eventi collegati, uno qualsiasi dei quali avrebbe potuto svolgersi in maniera diversa, dirottando la storia su un percorso alternativo che non avrebbe condotto all'intelligenza di tipo umano. Per comprendere gli eventi del corso della vita si deve andare oltre i principi della teoria evoluzionistica, per analizzare, invece, la documentazione paleontologica dell'andamento della storia della vita sul nostro pianeta, cioè dell'unica versione che si è realizzata tra milioni di alternative possibili. Una simile concezione della storia della vita è in perfetta contrapposizione coi convenzionali modelli deterministici della scienza occidentale, oltre che con la radicata tradizione sociale e alla visione antropocentrica occidentale che considerano l'uomo come l'espressione più elevata della vita, destinata a sovrintendere al pianeta. La comunità scientifica può cercare di comprendere la realtà della natura, come di fatto fa, ma essa è così immersa nella società che non può non risentire di tutte quelle che sono le certezze predominanti, per quanto grande sia il suo impegno nei cercare l'oggettività. Come si vede nella figura di sotto di portata, il progresso non dirige il processo evolutivo. Per motivi di natura chimica e fisica, la vita sorge nei pressi del muro della minima complessità concepibile e conservabile. Lo stile di vita batterico è rimasto ancora oggi il più comune e quello maggiormente votato al successo. Alcuni organismi, di tanto in tanto, si spostano verso destra, ampliando la distribuzione verso sotto una maggiore complessità. Molti altri si spostano verso sinistra, ma sono assorbiti nello spazio già occupato. In quest'altra figura di sotto, la nuova iconografia dell'albero della vita mostra che la massima diversità nelle forme anatomiche (non nel numero di specie) viene raggiunta molto presto nella storia egli organismi pluricellulari. I tempi successivi sono caratterizzati dalla estinzione della maggior parte di questi esperimenti iniziali e da un enorme successo all'interno delle linee evolutive che sopravvivono. Questo successo si misura come proliferazione di specie, ma non come sviluppo di nuove strutture anatomiche oggi il numero di specie e più elevato di quanto si sia avuto in passato, anche se le specie hanno una gamma più ristretta di strutture anatomiche fondamentali. Sigmund Freud faceva spesso notare come le grandi rivoluzioni nella storia della scienza abbiano un'unica caratteristica comune: demoliscono tutti quei che gli strali su cui l'umanità sia posta, convinta della propria importanza. Nei tre esempi che Freud riportava, Copernico spostò la nostra collocazione dal centro dell'universo alla periferia; Darwin ci relegò poi a una discendenza del mondo animale; infine lo stesso Freud scoprì l'inconscio e distrusse il mito di una mente completamente razionale. In questo senso la rivoluzione attuata da Darwin rimane incompleta perché, anche se l'umanità razionale accetta l'evoluzione come un fatto, la maggior parte di noi ancora non è disposta ad abbandonare la confortante idea che evoluzione significhi progresso, il che rende la comparsa di qualcosa come la coscienza umana pressoché inevitabile, o perlomeno prevedibile. Il piedistallo non verrà infranto fino a quando non abbandoneremo, come principi fondamentali, il progresso e lo sviluppo di una complessità sempre maggiore, e cominceremo a tenere in considerazione la possibilità tutt'altro che remota che homo sapiens sia solamente un minuscolo ramoscello tardivo di quell’ enorme cespuglio arborescente che nella vita. Nell'uomo come in tutti i primati la visione è importante e le immagini che realizziamo rivelano le nostre convinzioni più profonde e mettano per ogni luce i nostri limiti concettuali. Le rappresentazioni classiche della storia della vita rivelano una pericolosa tendenza a considerare l'evoluzione come se essa includesse un principio che porta al progresso e a una sempre maggiore complessità in questi dipinti che vediamo qui sotto pubblicati nel 1942 in National Geographic, il primo mostra i leader preparati degli Argilloscisti di Burgess. Ma, come nel evolversi dei pesci, come si vede nel secondo dipinto, sembra che tutti i leader preparati siano scomparsi dalla scena, anche se essi non si sono di fatto estinti ne hanno cessato di evolversi. Quando appaiono i vertebrati terrestri, terzo dipinto, spariscono a loro volta i pesci, anche se viene rappresentato nel quarto dipinto il ritorno al mare di alcune forme leader preparati terrestri. La sequenza termina sempre con i mammiferi, quinto dipinto, e naturalmente con gli esseri umani , sesto dipinto, anche se in realtà pesci, rettili e India preparati sono ancora in pieno rivoglio. Alcuni scienziati hanno proclamato che la natura, è e più bizzarra di quanto noi possiamo supporre ", ma i nostri limiti di comprensione potrebbero essere blocchi concettuali anziché restrizioni imposte dalla fisiologia del nostro sistema nervoso. Per infrangere questi blocchi serviranno forse nuovi paradigmi, a fornirci la chiave per compiere questa transizione concettuale. Dobbiamo imparare a rappresentare l'intera gamma di variazioni e non solo la nostra percezione ristretta delle minuscolo gruppo degli organismi più complessi. Dobbiamo riconoscere che forse l'albero della vita aveva il massimo numero di rami subito dopo l'inizio della vita pluricellulari e che la storia successiva è stata in gran parte un processo di eliminazione-nel quale pochi hanno avuto la fortuna di sopravvivere-più che una fioritura continua, un progresso ed un'espressione di una moltitudine crescente. Dobbiamo capire che rami non sono altro che pezzi contingenti e non prevedibili punti di arrivo dell'immenso cespuglio sottostante. Quindi emerge un quadro singolare: l’uomo ha raggiunto nel mondo la sua attuale posizione di predominio perché l’intelligenza aveva un valore di selezione positivo.Secondo noi il risultato raggiunto lo ha portato a gettare le premesse per una diminuzione delle sue capacità intellettive e fisiche. Se interviene, inevitabilmente farà di tutto non per aumentare la sua intelligenza, ma per diminuire quella parte della sua personalità che lo spinge a reagire all’ambiente in maniera autonoma. Infatti non abbiamo alcun dubbio che ogni governo tenta sempre di scoraggiare le capacità individuali di giudizio. Secondo il nostro parere, il risultato finale sarà che, per vie complesse, la società umana e quella degli insetti tenderanno a convergere. Parliamo del confronto fra le due società, quella umana e quella degli insetti. I risultati raggiunti non sono molto diversi. In modo come questi sono stati raggiunti non poteva essere più differente. Da una parte è stato necessario costruire un enorme cervello dotato di infinite potenzialità e solo in seguito alla costruzione di questo organo l'uomo ha potuto costruire una società organizzata e in continuo progresso, progresso che si è sempre più accelerato mano a mano che progredivano i sistemi di trasmissione e di immagazzinamento della informazione. Alla fine si è creata una società assai complessa le cui regole non sono definite automaticamente, ma stabilite dagli stessi uomini, e quindi gli uomini stessi sono diventati arbitri del futuro della propria società. La società degli insetti si è sviluppata in maniera opposta senza alcun dispendio eccessivo di cellule nervose. La società degli insetti non esercita quindi alcun controllo sulla sua stessa società: una discussione di tipo di quella che abbiamo fatto a proposito dell'uomo che è capace di controllare la sua stessa evoluzione e l'evoluzione della sua società è assurda si è fatta a proposito della società degli insetti. Quest'ultima è regolato solo dalla selezione naturale. Quale delle due società è superiore? Ebbene intendersi prima sul significato del termine "superiore". Non voglio dare alla parola alcun significato morale, ma semplicemente dire quale, nel corso futuro della evoluzione, avrà più successo noi crediamo che avrà più successo della società degli insetti e ciò dipende dal fatto che questa società non ha alcun controllo su se stessa. La sua evoluzione automatica: insetti non hanno evoluzione culturale, hanno solo una evoluzione biologica e questa è sotto un continuo controllo ambientale; sono, come si suol dire, sottoposti a un sistema di feedback che non permette uno sviluppo superiore alle possibilità dell'ambiente. Il loro numero e le loro capacità non possono eccedere le possibilità dell'ambiente, le formiche non possono subire catastrofi ecologiche da loro stesse provocate. Ritengo quindi che a meno che non le coinvolgiamo nella nostra stessa catastrofe, ci sopravviveranno. Parliamo del confronto fra le due società, quella umana e quella degli insetti. I risultati raggiunti non sono molto diversi. Il modo come questi sono stati raggiunti non poteva essere più differente. Negli esseri umani si è sviluppato un enorme cervello dotato di grandi potenzialità e solo in seguito alla costruzione di questo organo abbiamo ha potuto costruire una società organizzata e in continuo progresso, progresso che si è sempre più accelerato grazie all'aumento dei sistemi di trasmissione e di immagazzinamento della informazione. Alla fine si è creata una società assai complessa le cui regole sono stabilite dagli stessi uomini, e quindi noi stessi siamo diventati arbitri del nostro futuro. La società degli insetti si è sviluppata in maniera opposta senza alcun dispendio eccessivo di cellule nervose. La società degli insetti non esercita quindi alcun controllo su se stessa. Noi potremo essere in grado di controllare la nostra stessa evoluzione. Un ragionamento simile, fatto a proposito della società degli insetti è senza senso. Quest'ultima è regolata solo dalla selezione naturale. Quale delle due società è superiore? Ma che significato ha il termine "superiore"? Non vogliamo dare al termine 'superiore' alcun significato morale, ma vogliamo semplicemente dire quale società, nel corso futuro della evoluzione, avrà più probabilità di sopravvivere. Noi pensiamo che avrà più successo la società degli insetti proprio perchè questa società non ha alcun controllo su se stessa. Gli insetti non hanno evoluzione culturale, hanno solo una evoluzione biologica e questa è sotto un continuo controllo ambientale. Per gli insetti esiste un sistema di feedback che non permette uno sviluppo superiore alle possibilità dell'ambiente. Il loro numero e le loro capacità non possono eccedere le possibilità dell'ambiente. Le formiche, ad esempio, non possono subire catastrofi ecologiche da loro stesse provocate. Riteniamo quindi che a meno che non le si coinvolga nella catastrofe da noi stessa provocata, la società degli insetti ci sopravviverà. Siamo abituati a pensare a società complesse come la nostra in cui milioni di individui vivono e lavorano, in maniera differenziata. Organizzazioni altrettanto complesse si sono formate in due gruppi di insetti: gli imenotteri e le termiti. Ciò che rende queste società interessanti per noi è il fatto che, nonostante i principi su cui sono basate siano differenti da quelli su cui sono basate le società umane, il risultato finale è sotto molti aspetti estremamente simile. Esaminiamo allora la biologia di queste società, vediamo quali sono gli aspetti fondamentali che le contraddistinguono e cerchiamo anche di capire come si sono volute.
1) Gli insetti sociali vivono in grandissima comunità che possono comprendere alcuni milioni di individui. Le colonie uguagliano quindi, come dimensioni numeriche, le maggiori città umane e richiedono la costruzione di nidi con architetture molto complesse, che vengono fatte per mezzo di lavoro svolto da vari individui in stretta collaborazione.
2) In tutte e tre questi gruppi esiste una rigida divisione del lavoro. Alla differenza di funzioni corrisponde anche una grande differenza fisica fra i vari individui che compongono la colonia. La colonia è divisa in caste fra loro differenti, ma identiche da un punto di vista genetico. In tutti i casi l'appartenenza all'una o all'altra casta dipende da stimoli di natura ambientale come il nutrimento, gli ormoni, somministrati durante la vita alla larvale e fissati irreversibilmente nell'individuo adulto.
3) In tutti i casi le caste dei lavoratori sono sterili ed esiste una sola femmina che si riproduce in ogni nido. In una specie di termiti si calcola che la produzione giornaliera di uova di una singola femmina arrivi alle 150.000 unità.
4) Le formiche e le termiti nella costruzione della loro società hanno, indipendentemente una dall'altra, inventato l'agricoltura e l'allevamento del bestiame. Alcune specie di formiche e di termiti infatti allevano nel loro nido un fungo di cui si nutrono e trasportano con sé alla costruzione del nuovo nido. Per quanto riguarda l'allevamento è noto da tempo che alcune specie di formiche allevano àfidi per nutrirsi di una loro secrezione. Alcuni di questi insetti sociali utilizzano infine piccole pietre con funzione strumentale. Se esaminiamo questi punti in modo superficiale, le società degli insetti possono apparire molto simili a quelle umane. In verità i risultati raggiunti sono estremamente simili, e sotto questo aspetto i due tipi di società sono effettivamente paragonabili. Sono anzi anche più simili di quanto non sembrano a prima vista. Sotto il profilo tecnologico le formiche e le termiti non sono inferiori agli uomini di qualche millennio fa, quando avvenne il passaggio a una civiltà agricolo pastorale, e sotto molti altri aspetti sono più avanzate di quanto non fossero le primitive civiltà agricole. Infatti sempre con lavoro coordinato questi insetti riescono a compiere dei lavori quasi incredibili. Si arriva ad avere fra gli insetti qualche cosa che è molto vicino alla catena di montaggio. Le regine mostruosamente ingrossate divengono una macchina per produrre uova, macchina che viene servita da un vero esercito di inservienti. Un'intera catena di termiti porta continuamente cibo alla regina, mentre una seconda schiera ha il compito di portare via le uova e sistemarle in maniera opportuna. Le società degli insetti sono simili a quelle umane anche sotto l'aspetto del linguaggio, perché tutte hanno efficienti se mi sistemi di comunicazione 2, in parte ancora poco chiari e in parte, soprattutto nel caso delle api, abbastanza bene compresi. Non c'è dubbio che sotto l'aspetto del risultato finale le due società sono paragonabili. Il vero problema è come si sono formate e come funzionano. Per la società umana, le cose, come abbiamo visto, sono abbastanza chiare. Una specie umana ha tratto continuo vantaggio dall'aumento dell'intelligenza, e la parola intelligenza è intesa come capacità di rispondere in maniera autonoma a situazioni nuove e riuscire a risolverle anche utilizzando come base le esperienze passate. Nella specie umana la società viene creata utilizzando le esperienze individuali, che però ognuno si è dovuto creare nel corso della vita, perché l'uomo nasce privo di qualsiasi esperienza. Lo sviluppo della società umana quindi si basa evolutivamente sul continuo progresso di un cervello elastico che ha permesso di creare un corpo di conoscenze e che ha creato un sistema per immagazzinarle e trasmetterle di generazione in generazione. Negli insetti le cose vanno in maniera esattamente opposta. Sappiamo che la loro capacità intellettiva e di elaborazione delle esperienze è infinitamente inferiore non solo a quella di un uomo, ma anche a quella di un topo. Nell'ambito della stessa specie le capacità di apprendere variano profondamente a seconda delle caste. Veniamo ora a quello che per noi è un forte argomento a sostegno dell'esistenza di un piano di invasione planetaria. La maggior parte degli animali multicellulari hanno conosciuto un declino grave e in molti casi senza speranza sotto l'impatto dell'azione dell'uomo. Gli insetti non hanno invece sperimentato nessun declino. Benché l'uomo abbia speso una grande quantità di tempo, di sforzi e di denaro nel progettare gli attacchi più complessi e raffinati di cui è capace, l'effetto ottenuto sulla popolazione innumerevoli e gli insetti è, nella migliore delle ipotesi, quello di una azione di contenimento. Si ritiene che, nonostante il controllo esercitato sull'ambiente fisico dall'uomo, questi sia stato incapace di sterminare una sola specie. Neppure una specie su milioni! Com'è possibile? La documentazione fossile ci rivela che le specie di insetti sono rimaste essenzialmente immutate su scale di tempo i 50 milioni di anni o più. Molti tipi di insetti apparvero nell'età dei rettili, prima che avesse inizio il dominio dei mammiferi. Come avrebbe potuto essere previsto allora l'emergere di un animale così potente come l'uomo? Si può pensare che anche la sua comparsa si è avuta al caso, come una piccolissima probabilità di trovare i geni fondamentali da cui dipende la vita, gli enzimi, i RNA, e per età? È sufficiente osservare le brillanti evoluzioni di un gruppo di rondini mentre vanno a caccia di insetti nel crepuscolo che segue a un caldo pomeriggio estivo per rendersi conto che un problema simile si pone nel rapporto fra uccelli e insetti. Se si considera la sorprendente acuità visiva degli uccelli, assieme alla velocità del loro volo, stupisce che gli insetti siano riusciti a sopravvivere contro di loro. Se la documentazione fossile non ci rivelasse che lo status evolutivo degli insetti è quasi statico, se essi stessero evolvendosi rapidamente nelle loro forme in conseguenza di una pressione di selezione imposta dagli uccelli, la situazione sarebbe diversa. Le forme delle effimere e delle libellule furono fissate più di 100 milioni di anni prima dell'emergere degli uccelli. Eppure esse sopravvivono senza alcun mutamento alla sfida biologica, e ci riescono anche se, per quanto concerne la vista, sono quasi ciechi dinanzi agli attacchi dei loro predatori. La situazione indica una delle due possibilità. O ci troviamo di fronte a un piano palese inventato da una intelligenza considerevolmente superiore alla nostra, una intelligenza che ha previsto tutte le nostre sostanze chimiche tossiche, i nostri lanciafiamme, oppure di insetti hanno già sperimentato una pressione di selezione imposta da intelligenze almeno al nostro livello in molti altri ambienti altrove nell'universo. Esiste una curiosa variante alla prima possibilità. Gli insetti non potrebbero essere molto più intelligenti di noi? Noi siamo così condizionati a pensare che l'intelligenza di una specie possa essere esemplificata da un membro singolo che ci riesce difficile stimare una situazione in cui ciascun individuo può presentare poca intelligenza, ma in cui la somma di molti individui può presentare molta intelligenza. Eppure una situazione del genere è quella che si presenta nel nostro cervello, in cui non si può dire che nessun neurone singolo sia intelligente, ma in cui il insieme dei neuroni costituisce esattamente quello che noi intendiamo per intelligenza. L'andatura statica delle società degli insetti contrasta con questo pensiero. Se una intelligenza enorme abitasse nelle arnie del mondo, potremmo attendersi di trovare più segni della sua presenza. Ma anche questo ragionamento potrebbe essere inficiato dalla nostra tendenza ad attribuire a un avversario quelle che sono le nostre caratteristiche di un'attività instancabile. Forse il camuffamento è una tattica essenziale. Può darsi che si tratti di un'intelligenza statica. Oltre agli insetticidi e ai lanciafiamme, ci sono anche le bombe nucleari. Gli insetti sono molto resistenti ai raggi X e ad altre forme di radiazioni ionizzanti. Essi possono frequentare senza danno cumuli di scorie radioattive. Neppure le piante di cui gli insetti si nutrono risentono dei danni prodotti dalla radioattività. Tutti questi elementi ci prospettano la scena per il futuro. Da una guerra nucleare un solo tipo di organismo potrebbe trarre grandi vantaggi: l'insetto. Gli insetti potrebbero essere prossimi a ereditare la Terra senza colpo ferire. Può anche darsi che l'uomo si sia affacciato sulla scena della Terra per un breve istante, per poi sparire ancor più rapidamente di come è venuto...

The Grey (Ansu).

 


 

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